Dopo aver dedicato un post al genio di Miles Davis mi trovo ad analizzare un altro talento assoluto della musica internazionale, Keith Jarrett e, in particolare, un disco icona della musica del secolo scorso, the Köln Concert.
E’ il 24 Gennaio 1975, sulla scena musicale internazionale la fa da padrone il rock progressive, la disco-music è in fase di decollo e il jazz cerca nuove mete, iniziando a convivere con il momentaneo ritiro dalle scene di Miles Davis, che aveva traghettato il genere verso le sonorità rock.
Quella sera a Colonia, in Germania, è in programma un concerto di Keith Jarrett , un talentuoso pianista che fino a quel momento si è distinto per il suo eclettismo, spaziando dalla musica jazz, al fianco proprio di Miles Davis, alle esecuzioni di musica classica; Keith Jarrett, che da un po’ di tempo ha iniziato a collaborare con l’etichetta ECM, attende sul palco un pianoforte Steinway sul quale riversare uno dei suoi “Solo Concerts”, senza accompagnamento, fatti di lunghi fraseggi musicali, improvvisati.
Ma il pianoforte in questione non arriva, pertanto il pianista della Pennsylvania, che già da allora mostra un carattere non proprio facile, è sul punto di far saltare il concerto (ricordo a tale riguardo che nel 2008, assistetti ad un suo concerto in trio in occasione del PescaraJazz al Teatro all’aperto D’Annunzio e fu chiesta da Jarrett la chiusura al traffico di tutte le strade limitrofe, con l’imposizione di non far entrare più nessuno a concerto iniziato), ma alla fine decide di andare ugualmente avanti, chiedendo in sostituzione un pianoforte Bösendorfer provato dietro le quinte poco prima. Tutto bene quel che finisce bene? Neanche per sogno: per errore viene portato in scena un altro pianoforte della stessa marca, neppure completamente accordato, dal suono sordo.
Produce dei suoni terribili in determinate ottave, per alcune note emette un suono estremamente cupo, per altre uno eccessivamente acuto, quasi stridulo. Tutto lascia presagire un immediato abbandono da parte del pianista il quale, invece, dopo aver digerito a fatica l’ira per quanto successo, seppur in ritardo, decide di suonare ugualmente, tra l’incredulità e la gioia degli organizzatori. Affronta da subito il pianoforte con un atteggiamento di sfida, un fonico predispone alla meno peggio un po’ di microfoni per le solite registrazioni per l’archivio del Teatro e via: 5 semplici note in sequenza “SOL-RE-DO-SOL-LA”, suonate quasi come fosse una prova, un tentativo di saggiare quel “mostro” di pianoforte, ma che rimarranno per sempre nella storia.
In poco più di un’ora il pianista americano produce uno dei capolavori assoluti della musica, quasi un miracolo, visti i presupposti della serata. Conscio dei problemi legati alla difettosità dello strumento, Keith Jarrett affronta il pianoforte prendendo tutte le contromisure più adeguate: spinge sui registri bassi, lavorando in maniera ossessiva con la mano sinistra, accompagna, come al solito, con la voce gli assoli, batte sul pianoforte oltre che sui tasti, dando spesso una cadenza ritmica e ipnotica all’esecuzione; una cascata di arpeggi dalle atmosfere jazz/gospel si alternano ad avvolgenti momenti di quiete, di calma, quasi estatica, in perfetto stile “new age/ambient” (senza offesa per K.J.) ante litteram. Il pubblico è in visibilio e si rende conto di aver assistito a qualcosa di veramente straordinario. La registrazione della serata dopo qualche tempo viene ascoltata in macchina dall’autore più per divertimento che per altro, ma ben presto Jarrett si accorge di aver realizzato qualcosa fuori dalla norma. In sala di mixaggio cercano di ripulire, per quanto possibile, i master, e voilà, ecco consegnato alla storia un disco che venderà circa 4 milioni di copie, diventando il punto di riferimento di numerosi artisti, anche Italiani che, sulla falsa riga di Jarrett e del Concerto di Colonia, iniziano a fare della musica di atmosfera, a metà strada tra il finto jazz e la spicciola classica, venendo oltremodo esaltati, a mio avviso, dal pubblico d’oggi.
Invito di cuore tutti ad ascoltare il cd (io l’ho fatto l’ultima volta, con estrema soddisfazione interiore, la scorsa settimana mentre il paesaggio esterno veniva imbiancato da una fitta nevicata).
Qui di seguito un link in cui propongo la visione di un pezzo del film “Caro Diario” di Nanni Moretti in cui il regista romano decide di abbinare una colonna sonora tratta proprio dal Concerto di Colonia ad una scena girata lungo il litorale di Ostia, nei “luoghi pasoliniani”. Buona visione.
Ma sei proprio un bravo…..