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Pop, funky, new wave: cosa resta di quegli Anni Ottanta?

Posted on 9 Aprile 201418 Marzo 2015

80iesDa quando ho iniziato a scrivere su questo sito/blog, ho trattato spesso temi musicali, attingendo dai generi a me più congeniali, dal jazz al progressive, dalla musica anni ’70 ai cantautori italiani. Fino a qualche tempo fa non avrei mai pensato di poter dedicare qualche riga ad un periodo musicale da me sempre considerato  non di altissima qualità che però negli ultimi tempi  ho potuto riscoprire e apprezzare, rispolverando qua e là qualche canzone o album degno di nota. Mi riferisco alla Musica dei tanto bistrattati Anni Ottanta, sì quegli anni che io ho vissuto da bambino e quasi di riflesso, di cui comunque ricordo il palarock di Sanremo, Discoring e Superclassifica Show, DeeJay Television, le trasmissioni di Red Ronnie e le canzoni del Juke-Box del bar del mio paese, nel quale ho avuto anch’io il piacere di inserire svariate monete da 100 Lire.
A ben pensarci è proprio negli Anni Ottanta che si sono affermati mostri sacri quali U2 e  Depeche Mode così come Madonna, Michael Jackson, Prince, REM, Dire Straits o il primo Sting solista, tutti artisti che fanno storia a sé, ovviamente.
Ma gli anni Ottanta sono spesso sinonimo di new wave, di elettronica: brani quali The Chaffeur e Save a prayer, ma in generale tutto il disco Arena, dei Duran Duran, fanno capire che quei ragazzi inglesi non meritano di essere ricordati solo per le chiome fluenti dei due Taylor o per  la speranza delle teenagers italiane di sposare Simon LeBon; il sapiente uso dei sintetizzatori, i riff del basso elettrico e la voce del band leader hanno segnato un’epoca. E dei loro principali antagonisti, che dire? Chi non si è cimentato con una chitarra acustica per cercare di riprodurre l’arpeggio iniziale in SOL maggiore di Through the Barricades, una canzone ben fatta, in cui si alternano diversi cambi ritmici, sconfinanti in una sorta di bolero e in cui c’è anche spazio  per un assolo finale di un sax aggressivo, altro elemento spesso ricorrente in quel periodo. Sulla Sony C-90 presente nei cassetti della mia cameretta,  all’album degli Spandau  Ballet appena citato, registrato sulla facciata A, faceva da contraltare, sull’altro lato, una raccolta di canzoni degli A-Ha, le cui  Take on Me, The blood that moves the body e Stay on these roads  hanno accompagnato molti pomeriggi  passati insieme a mio fratello; e poi ancora Such a shame dei Talk Talk, Don’t you Want Me degli Human League… insomma, qualcosa di “salvabile” si può davvero trovare!
A pieno titolo in questa sorta di Amarcord musicale vanno inseriti i Simple Minds, di cui mi piace ricordare il loro omaggio a Nelson Mandela, allora in prigione da decenni, nella bellissima Mandela Day.
Proprio per le mie principali passioni musicali, di cui parlavo all’inizio, non posso tralasciare il più fulgido esempio di Rock Progressive melodico, nuovo, moderno: la stupenda Keileigh dei Marillion è una di quelle canzoni sempre presente nei miei lettori portatili!
Ma quell’epoca è stata nobilitata anche da Gruppi o Solisti che, sebbene nati in altri periodi proponendo generi totalmente diversi, sono sbarcati  negli Anni Ottanta spesso riempiendo  gli  stadi con altre melodie, spesso più semplici, ma non meno interessanti, si pensi ai Genesis di Mama  o  agli Yes di Owner of a lonely heart, alle numerose canzoni di alto profilo di Peter Gabriel,  di cui ricordo ancora la stravagante performance  durante un Sanremo, ai tempi di Shock the monkey e del quale esorto tutti ad ascoltare più volte la stupenda Don’t give up, cantata magistralmente insieme a Kate Bush ed introdotta da un giro di basso sublime, magistrale.
Anche se per molti suoi fans non è certamente l’album di maggior prestigio, voglio rimarcare le qualità del disco Tunnel of Love di Bruce Springsteen,  apparso nella seconda metà degli Anni Ottanta, in cui l’autore si libera dei suoni rock che lo avevano reso famoso e da’ vita ad un album intimo, arricchito con suoni digitali, creando delicate ed impattanti melodie.
Ed è proprio alla prima metà degli Anni  Ottanta che bisogna andare per scoprire  altre pietre miliari della storia della musica, quali Remain in Light dei Talking Heads, autentico capolavoro a confine tra la new wave e l’avant-punk, Graceland di Paul Simon, uno dei primi esperimenti di world music e The Nightfly di Donald Fagen, primo disco interamente digitale.
Eppure sono convinto che non finirò mai di scoprire il mondo degli eighties, basti pensare che solo 3 mesi fa ho conosciuto, grazie ai video di RadioCapitalTV , un validissimo gruppo quale i Prefab Sprout, da cui sono rimasto davvero affascinato per la qualità delle canzoni, variegate nei generi e ben suonate e arrangiate. Ma la musica degli Anni ’80 non è stata solo pop ed elettronica, ricordo come fosse oggi l’apparizione sulle scene di un’anonima cantante di colore che in pochi mesi riempì i palinsesti delle radio: il primo album, omonimo,  di Tracy Chapman credo sia uno dei vertici della musica degli Anni Ottanta.
Concludo scusandomi per le molte omissioni fatte in questo breve post, ma sono soddisfatto per aver riparato ai tanti preconcetti da me avuti negli anni passati verso un periodo musicale non paragonabile certamente a quelli precedenti, ma che a suo modo ha caratterizzato la storia della musica.

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2 thoughts on “Pop, funky, new wave: cosa resta di quegli Anni Ottanta?”

  1. Mariassunta Narciso ha detto:
    9 Novembre 2016 alle 07:26

    Cosa resterà degli anni Ottanta

    Cosa resterà degli anni Ottanta….: così cantava Raf a Sanremo nel 1989. A differenza di tanti altri, ho sempre amato questi anni. Anni vivaci ed esuberanti nel mondo della moda (si sono affermati in quel decennio Giorgio Armani, Gianni Versace, Moschino, Dolce e Gabbana), ma anche nel mondo della musica. I colorati anni ’80 ci hanno sì lasciato canzonette come ” Vamos a la playa” dei Righeira, “People from Ibiza” di Sandy Marton o “Easy Lady” di Spagna, ma hanno certamente lasciato un segno, soprattutto per quanto concerne la new wave inglese. Ai cantanti ed ai gruppi che hai citato nel tuo articolo (che amo anch’io), vorrei aggiungere gli Style Council, guidati dal bravissimo Paul Weller, dal timbro vocale inconfondibile (bellissima la canzone ” You’ re the best thing”, contenuta nell’album “Cafè Bleu”), Billy Idol (strepitoso è l’album “Rebel Yell”, di cui fanno parte “Eyes without a face” e “Flash for fantasy”), The Alan Parsons Project (intramontabile la loro “Eye in the sky”), gli Eurithmics (chi non conosce “Sweet Dreams”, con la voce unica di Annie Lennox), il gruppo dei Blondie ( adoravo la cantante Deborah Harry, per la sua bellezza e modernità), il gruppo musicale pop-soul britannico dei Simply Red, guidati dal simpaticissimo Mick Hucknall), il gruppo post-punk inglese dei The Cure, guidati da Robert Smith (che si fecero notare subito notare per il look, oltre che per la loro musica) e, infine, The Smiths, guidati dal frontman Morrisey (anche lui dal timbro di voce immediatamente riconoscibile). Negli anni Ottanta cominciava la sua lunga carriera musicale anche Lenny Kravitz, il mio cantante preferito, con l’uscita di “Let Love Rule”. Sempre in questi anni si affermavano i video musicali: il più carino è stato “Take on me” degli A-ha, a disegni animati; quello più costoso è stato per molto tempo “Wild boys” dei Duran Duran. Insomma, gli Ottanta non sono proprio da buttare via….Se comunque mi capitasse di ascoltare “Each time you break my heart” di Nick Kamen o guardare il videoclip “Video killed the radio star” dei Baggles (primo video trasmesso da MTV), non cambio canale!

    Mariassunta N.

    Rispondi
  2. admin ha detto:
    9 Novembre 2016 alle 11:32

    Grazie mille Mariassunta, sia per aver letto il mio post sia per il prezioso commento da te lasciato.

    Rispondi

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