Circa trent’anni fa mi accingevo a decidere cosa fare dopo le scuole medie, ero pieno di dubbi e di incertezze, le stesse che mi hanno accompagnato durante tutto il percorso liceale: “Avrò scelto la scuola giusta?”, “L’ho fatto perché consigliato dai professori?”, “Ho deciso solo per motivi logistici?”, “Mi sono iscritto per spirito di emulazione?”, “Chissà se mi sarà utile il latino un giorno!”
Oggi posso ritenermi abbastanza soddisfatto delle scelte effettuate, ma, trovandomi dall’altra parte della “barricata”, da insegnante, devo constatare come ci sia ancora una cattiva prassi, ahimè diffusa, volta a cercare di creare idealmente scuole di serie A e scuole di serie B e, in particolare, noto come sia troppo spesso sottaciuta l’importanza dell’istruzione professionale.
Quando quattro anni fa sono arrivato nell’I.I.S. “U. Pomilio” di Chieti, mi sono avvicinato come un alieno, sia perché alle prime armi con questo nuovo “mestiere” (dopo 12-13 anni vissuti in azienda), sia per il mio background da studente, che mi aveva visto frequentare il Liceo Scientifico, un altro tipo di scuola; è da quel giorno che ho iniziato a scoprire sul campo quello che avevo sempre pensato, ossia la centralità dell’istruzione professionale all’interno degli scenari socio-economici della nostra nazione e soprattutto come ogni tipo di percorso scolastico sia importante, senza alcuna distinzione. Nella vita di tutti i giorni mi capita di incontrare parenti o amici che mi parlano, con la gioia negli occhi, della loro esperienza scolastica all’interno di quelle mura, di quei laboratori, a contatto con quei macchinari, con quelle attrezzature, alle prese con la risoluzione di svariate problematiche (in ambito motoristico, termico, meccanico, elettrico…); parlo con amici e parenti che hanno frequentato gli Istituti professionali negli anni Settanta o con persone che sono passate di lì solo dieci anni fa e, in ognuno di loro, si percepisce il forte senso di orgoglio e di appartenenza, eppure ancora troppo spesso il mondo scolastico, quello dei genitori, quello “salottistico”, si mostra abbastanza “classista” e spesso non aiuta ad indirizzare o assecondare le volontà dei ragazzi. Capita, così, di sentire amici che con fierezza ti raccontano di aver iscritto la propria figlia al Corso ”Socio-Sanitario” di un Istituto Professionale, in Lombardia, perché convinti dalla forza e dalla determinazione con cui la stessa ragazza ha effettuato la scelta e scoprire che in quell’Istituto vi sono ben 18 sezioni attive, e vedere che da noi, in Abruzzo, non sempre si riesce a raggiungere un numero di iscritti sufficiente a creare una sola classe; mi capitava, da piccolo, di vedere ragazzi che tornavano in paese da Svizzera o Germania agli inizi dell’estate, per poi ripartire già ad Agosto perché dovevano tornare a scuola, nei loro Istituti professionali, per effettuare un periodo in un’azienda “collegata” e quando in Italia si è iniziato a pensare un po’ più seriamente ad alleanze formative tra mondo della scuola e mondo del lavoro, è emersa la moltitudine di ostacoli creati dalle scuole stesse, da alcuni docenti, dall’opinione pubblica, dalla politica, di fronte alle novità.
Dante Alighieri, il genitivo sassone, lo studio delle funzioni, il moto rettilineo uniforme, anche se con diverse intensità, vengono trattati in tutti i percorsi scolastici e chiunque voglia approfondirli, anche all’Università, potrà farlo e tanti sono gli studenti che con orgoglio tornano nel nostro Istituto professionale dopo aver conseguito una laurea in Ingegneria, Psicologia, Lettere, Lingue o Giurisprudenza…
Il primo giorno di lezione presso il “Pomilio” di Chieti ricordo di essere entrato nei laboratori del settore Moda e mi sembrava di non essere mai uscito dalle aziende del tessile in cui avevo lavorato, per quanto sembravano essere simili agli uffici di modellistica, di prototipia conosciuti negli anni.
Questi sono i giorni in cui le nostre città iniziano ad essere tappezzate di manifesti, a breve vedremo paginoni pubblicitari a pagamento sui quotidiani, “piccoli spazi pubblicità” (per citare un idolo di molti ragazzi) sulle TV locali, eventi, feste,ospiti, notti bianche…tutte azioni volte ad “accaparrarsi” un iscritto in più nel proprio Istituto: nulla da criticare, in fondo si cerca semplicemente di stare dentro il sistema, il problema, però, sorge quando, in fase di orientamento in uscita, le “scuole medie” non si interessano fino in fondo al bene reale dello studente, non assecondandone sempre la volontà, non facendone emergere eventuali competenze nascoste, insomma quando manca una vera azione di guida; se a ciò si somma la (quasi sempre) ferrea volontà dei genitori di decidere “in nome e per conto” dei figli, ad ogni costo, il risultato è quello di vedere troppo spesso “studenti sbagliati” in “istituti sbagliati”, ragazzi e ragazze che si ritrovano in una scuola piuttosto che in un’ altra, infelici, solo per scelte etero-dirette. Spesso l’Istruzione Professionale si trova ad affrontare una mole di ostacoli nettamente superiore rispetto agli altri Istituti, soprattutto in fase di Orientamento: le voci, il passaparola negativo, i timori dei genitori, l’opera di persuasione di alcuni docenti, vanno ad offuscare completamente il valore aggiunto che il percorso può offrire. Laboratori attrezzati con stampanti 3D, tecnologie avanzate, attrezzature all’avanguardia a volte non ancora reperibili neanche a livello aziendale, l’alto tasso di occupazione post-diploma, i Progetti Erasmus+, le decine di convenzioni con aziende locali, spesso nulla possono di fronte alle classifiche da Domenica Sportiva stilate dalla Fondazione X o dal Centro Studi Y, pronti a snocciolare ogni Novembre dati statistici (spesso parziali) utilizzati “ad arte” dai giornali per effettuare titoloni ad effetto.
I Licei, gli Istituti tecnici ed industriali, gli Istituti Professionali non devono essere uno “status symbol” ad uso e consumo delle famiglie, ma reali opportunità per la costruzione del miglior futuro possibile dei nostri figli.
Buona scelta a tutti i quattordicenni (o giù di lì) di Chieti, d’Abruzzo e d’Italia!