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Il sito di Luca Di Nunzio

L’insegnamento democratico della musica jazz

Posted on 5 Ottobre 20147 Ottobre 2014

democrazia jazzIn una società in cui gli eccessi di personalismo tentano quotidianamente di uccidere quel minimo di senso democratico presente ancora nelle organizzazioni sociali, di ogni ordine e grado, non credo possa esservi alcun dubbio sul fatto che la musica, al pari di molte altre forme d’arte, abbia  ancora marcati risvolti sociali. Storicamente la musica ha sempre cercato di svolgere, con alterni successi, un ruolo sociale:  le melodie intonate dai lavoratori nei campi di cotone americani o nelle risaie del nord Italia, la canzone di protesta che ha accompagnato la scena musicale tra la metà degli anni Sessanta e la fine dei Settanta, le opere risorgimentali verdiane, sono solo alcuni esempi.

Quello che però accade nel jazz è qualcosa di molto più profondo: valori democratici e civili si mischiano e rendono il genere un vero esempio di democrazia a 360 gradi.
Nato  come forma di riscatto sociale delle popolazioni afro-americane, il jazz ha rivoluzionato, nel tempo, non solo  la storia della musica, ma spesso gli usi e i costumi  di interi gruppi sociali. Ascoltare un concerto di musica jazz e vedere la platea rimanere in ossequioso silenzio per gran parte del brano, per poi tributare scroscianti applausi  ai vari membri per  un primo assolo, poi per un secondo, quindi un terzo, è qualcosa di unico nell’ambito delle rappresentazioni musicali.
Nella musica pop o rock il tributo maggiore da parte del pubblico si ottiene alla fine della performance o al massimo al momento del ritornello, durante un’opera lirica la platea interviene esclusivamente per sottolineare la bellezza di un’aria famosa, ma nel jazz il pubblico da’ il giusto tributo a tutti: alla band nella sua totalità e ai singoli elementi.

Ma non è tutto, la vera democrazia della musica jazz si manifesta all’interno del Gruppo: ascolto reciproco, complicità e feeling profondo negli interplay, massima attenzione a valorizzare l’improvvisazione altrui, esaltandone il valore  grazie ad un’accurata gestione dei diminuendo e dei crescendo, sono gli ingredienti che rendono il jazz un vero esempio di democrazia.
Nel jazz l’interattività impara a coesistere con il rispetto dell’etica personale e quest’ultima difficilmente sconfina nel mero estetismo fine a se stesso.
Se in un gruppo sociale si discute, si dibatte, ci si confronta, si ascolta e alla fine si delibera,  in una formazione jazz le improvvisazioni fanno emergere i diversi punti di vista dei membri del Gruppo, che servono ad arricchire il Gruppo stesso, aiutandolo a trovare in maniera sempre più sintonica una visione d’insieme.
Le alchimie presente nelle formazioni di Miles Davis, nelle copiose orchestre di Gil Evans, nelle stravaganti esecuzioni della Sun Ra Arkestra o degli Art Ensemble of Chicago, dovrebbero essere d’esempio per la società moderna, per i partiti politici, per le organizzazioni sindacali, per il management delle grandi aziende. Pur mantenendo un profondo rispetto per le regole gerarchiche, per i ruoli, per le leadership e per le decisioni finali, non si dovrebbe mai prescindere dalle semplici e basilari regole di democrazia nelle fasi di discussione.

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