Dopo 5 anni passati a scrivere i più disparati post su questo o quell’argomento, su questo o quell’artista, su questo o quel fenomeno sociale, eccomi qui a raccontare di un’avventura socio-culturale-musicale che mi ha visto coinvolto negli ultimi 12 mesi, insieme ad un gruppo di amici.
Era un pomeriggio di fine Agosto dello scorso anno quando ci siamo ritrovati come al solito in garage a Borrello per suonare e per un qualche motivo ancora sconosciuto abbiamo iniziato a provare alcuni giri di un paio di vecchie canzoni, scritte più di 35 anni prima e poi dimenticate (anche se fortunatamente tramandate ai posteri grazie a un’audiocassetta Scotch da 60 minuti!). “Re minore, Sol minore”…”Qui dovresti fare un arpeggio con la chitarra elettrica!” … “No, qui, non era così, prova a mettere un mellotron…” “Dai, facciamo uno stacco più articolato”… “Forza col basso, marca bene l’ingresso della Bestia Umana…”: questo all’incirca il campionario di frasi susseguitesi nelle 3 ore di prove. Cecilio Luciano e Giovanni Di Nunzio, membri fondatori degli Sfaratthons (simpatica inglesizzazione del termine dialettale borrellano Sfarattòne, ossia Sfaccendato, Vitellone), nonché autori delle musiche, indirizzavano i nuovi (il sottoscritto, Giovanni Casciato e Mario Di Nunzio), ricordando, per lo più a memoria, i vari riff e le varie successioni melodiche dei brani.
Da quel pomeriggio di fine Agosto si sono susseguiti in maniera vertiginosa incontri, idee, telefonate; ognuno ha iniziato a ricostruire i passaggi delle varie canzoni, chi a Chieti, chi in Irlanda, chi a Lanciano, chi a L’Aquila, chi a Borrello, per poi confrontarle in rete, via mail o tramite i vari social. Tutto questo per realizzare un piccolo sogno: la registrazione di un CD prog-rock che potesse lasciare per sempre una traccia della bontà e dell’attualità di quelle musiche e di quei testi; non solo, nel progetto è stato subito coinvolto l’amico Argentino D’Auro, l’autore della maggior parte dei testi, il quale ha iniziato subito a lavorare parallelamente ad un avvincente libro che tracciasse i ricordi, le emozioni e il substrato storico-sociale legati alla nascita di quelle canzoni, alla nascita di quell’opera-rock. Dopo mesi di duro lavoro, in questi giorni sono finalmente in uscita il CD degli Sfaratthons “La Bestia Umana” e il libro “Una piccola impresa musicale – La Bestia umana – ovvero la via borrellana all’opera rock”, scritto appunto da Argentino.
Il progetto artistico-culturale ha poi visto nell’aspetto figurativo il suo terzo elemento portante, di fondamentale importanza per la riuscita dell’opera: ecco, allora, la copertina del cd – e del libro – un vero capolavoro dell’artista Luca Luciano (tra l’altro fondatore e primo cantante del gruppo), il quale, appena ricevuta la mia prima telefonata in cui gli parlavo del progetto/sogno a cui avevamo deciso di lavorare, si è subito messo all’opera, realizzando diversi quadretti in bianco e nero, suggestivi, per poi presentare, a fine dicembre, il giorno della prima esecuzione live dell’opera a Borrello, un fantastico “olio su tela” (80cmx80cm), dal titolo “Anatomia di una fine”; tutti i citati lavori hanno trovato spazio nel libro e nel packaging del cd. Della stessa copertina sono state poi realizzate delle serigrafie, in tiratura limitata. Ammetto che vedere il nostro cd nei miei scaffali, vicino a quelli delle Orme, dei Genesis, dei King Crimson, degli Yes, dei Gentle Giant fa un certo effetto, in particolare la stessa copertina non ha nulla da invidiare alle cover dei dischi che hanno fatto la storia del “progressive” italiano ed internazionale.
Una volta raccolte le idee è arrivato il momento di incidere: tra metà dicembre e metà gennaio, abbiamo iniziato a passare la maggior parte del nostro tempo libero nella mansarda di Cecilio, il batterista, quella stessa mansarda in cui – come racconta Argentino – quarant’anni fa maturava in quel gruppetto di teenagers borrellani la passione per il rock, per il jazz, per la lettura, per le arti e per la socializzazione in generale. Lì dove sul finire degli anni Settanta era poggiato il giradischi di Cecilio abbiamo posizionato il computer e il mixer, lì dove troneggiava un ping-pong abbiamo posto la batteria e abbiamo iniziato le prime sessioni di registrazioni: pian piano le canzoni di 35 anni fa – la cui tematica ambientalista si è rivelata, ahimè, quanto mai contemporanea, ancora oggi – hanno trovato nuova linfa.
Ecco susseguirsi, frutto di estenuanti sessioni di registrazione, 40 minuti circa di musica discretamente architettata, aperti da una overture che “annuncia” i vari temi che si svilupperanno in seguito (in fase di composizione ho subito pensato ai brani introduttivi presenti in tante opere rock e musical degli anni sessanta e settanta, penso in particolare a Tommy degli Who o a Jesus Christ Superstar) e chiusi da una Poesia, dal titolo Uomo, scritta l’anno scorso da Argentino, sull’onda dei tragici fatti del Bataclan, che fa da raccordo tra i dubbi, le paure, i timori e le problematiche sollevate dall’adolescente più di 30 anni fa e la constatazione attuale del ragazzo divenuto ormai uomo, che si rende conto che purtroppo poco è cambiato nell’indole bestiale dell’essere umano, anzi…tanti fenomeni, sociali, tecnologici ed economici – la globalizzazione in primis – lo hanno portato a costruire un mondo forse anche peggiore. La title track dell’album, La Bestia Umana, si sviluppa in un crescendo continuo, aggiungendo pathos, ritmo e vertiginosi passaggi musicali all’arpeggio iniziale di chitarra elettrica, il tutto sublimato dal suadente flauto del Maestro Geoff Warren, straordinario ospite degli Sfaratthons anche in Smog e La dolce illusione. Gli articolati assolo del flautista inglese si intrecciano con le linee di moog e con i riff di chitarra elettrica solista, arrivando a toccare vette musicali notevoli che riportano alla mente i più classici fraseggi che hanno caratterizzato la storia della musica Progressive Italiana ed europea degli Anni Settanta. Una batteria e un basso e sempre pronti a cambiare repentinamente direzione alla musica, con ritmi e passaggi sincopati e avvolgenti contribuiscono a fare dell’opera rock un bell’esempio di Progressive Post-moderno, con un occhio rivolto alla storia e l’altro diretto al futuro, e alle nuove contaminazioni, a volte metal (si pensi per esempio ai brani Il verde ed Epilogo, a cui ha partecipato l’amico Andrea D.A. che, in mezz’ora di registrazione, senza neanche conoscere o ascoltare prima le canzoni, ha impresso con la sua Telecaster sonorità indelebili a tre tracce dell’album ), a volte jazz (è il caso del deciso 5/4, condito dal graffiante sax dell’amico Giovanni Ferrari che ha dato un tocco di stile free jazz al brano Civiltà Perduta), a volte elettroniche (in particolare nel brano Life in a prison). Un suadente pianoforte apre la suite di chiusura, Dopo, introducendo con una cadenza ipnotica una sorta di progressione geometrica di archi, mellotron, cori, timpani e fiati, che chiudono in maniera maestosa l’opera.
Raramente scrivo post che trattano delle mie avventure in prima persona, ma questa volta, spinto anche dai suggerimenti di Argentino che da sempre mi segue sul blog e dai consigli di altri amici che mi esortavano a parlare anche di eventi legati ai miei stati d’animo, non ho potuto fare a meno di rendere pubbliche le tante emozioni, i tanti momenti di gioia e di duro lavoro (quante notti passate al computer fino alle due per mixare, sovraincidere, amalgamare…) che mi hanno visto coinvolto insieme ai miei amici. Appuntamento al prossimo 15 Agosto a Borrello per la presentazione ufficiale del CD e del LIBRO!