Questa mattina, tra le iniziative per la Giornata della Memoria, una parte dei nostri studenti si è recata al cinema per assistere al docu-film “La razzia. 16 ottobre 1943”. E’ in quell’oretta scarsa che ho potuto constatare la potenza delle testimonianze vive, dirette, provenienti dalle voci di chi ha vissuto in prima persona l’atrocità della deportazione, dei rastrellamenti, della violenza.
Nelle aule, ogni 27 Gennaio, trattiamo la tematica della Shoah, stimolando dibattiti e riflessioni, a volte mostrando agli studenti qualche film, altre volte portandoli a rappresentazioni teatrali: “Schindler’s List”, “La vita è bella”, “La tregua”, “Il pianista”, “Il bambino col pigiama a righe”, decine di altri titoli, un monologo sulla vita di Liliana Segre, pièce teatrali con letture tratte da “Se questo è un uomo”, tutte esperienze forti, educative, foriere di riflessioni, ma troppo spesso lette con difficoltà o con un leggero distacco da parte dei giovani. Il silenzio, la commozione, la partecipazione emotiva, l’applauso finale in sala, spontaneo, sentito, vero, di questa mattina, rimarranno, invece, a lungo nella mia mente.
Il docu-film di Ruggero Gabbai, scritto da Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto, ha portato sul grande schermo le storie dei sopravvissuti all’oscenità del rastrellamento avvenuto nel ghetto di Roma il 16 ottobre 1943. Le interviste, le voci commosse, i ricordi – a volte carichi di orgoglio, altre pieni di lacrime – dei protagonisti, hanno rapito ragazzi e docenti e per un attimo il pensiero è andato al discorso di fine anno del Presidente Mattarella e al lungo intervento dedicato ai giovani, ai nostri giovani, ai futuri padri, alle future madri, che ora, sui banchi, acquisiscono competenze da spendere nella vita. E sì, sono ancora una volta qui a scrivere delle “famose” competenze (forse lo farò fino alla noia) e in questo caso particolare, le “competenze di cittadinanza attiva”,“le competenze personali ed interpersonali”, “la partecipazione efficace e costruttiva alla vita sociale del proprio Paese”, “ la comprensione delle dimensioni multiculturali e socioeconomiche, passate e presenti”, ossia tutti quei processi di apprendimento che portano ad un uso sistemico di conoscenze ed abilità, nel tentativo di sviluppare autonomia e responsabilità negli studenti.
In uno dei miei primi post, anni fa, avevo raccontato di una delle esperienze che più di tutte mi avevano segnato: la visita al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau; proprio in quella sede auspicavo come potesse essere fondamentale che ciascuno di noi andasse, almeno una volta, in quel luogo, non tanto per capire meglio, ma per capire definitivamente. A volte, ancora oggi, in classe i ragazzi, pur comprendendo la gravità dei fatti, non riescono ad immaginare o capire fino in fondo la portata degli eventi legati all’Olocausto e spesso aggiungono un “sì, ma…” o un deleterio “però…”.
Purtroppo le testimonianze dal vivo andranno sempre più a scemare e la stessa senatrice Liliana Segre ha da poco comunicato di non riuscire più a recarsi presso le scuole; l’ultima speranza è allora riposta nei documentari, nei video-racconti, nelle voci dei protagonisti. Purtroppo spesso i palinsesti televisivi relegano tutto questo o agli orari più improponibili o su canali, quali ad esempio RaiStoria, sconosciuti ai più, perché molto, troppo distanti da DMAX o RealTime.
Ben vengano, allora, proiezioni in aula, visioni sulle LIM, al cinema, sui tablet, sugli smartphone, ovunque, purché si tratti di materiale vero, reale, quel materiale che non permette di aggiungere “sì, ma..” o “però…”.