Da più di 15 anni seguo l’assegnazione dei premi Nobel con un certo interesse, in modo particolare per i riconoscimenti relativi ad Economia, Pace e Letteratura.
E soprattutto per quest’ultimo campo ogni Ottobre spero di leggere su internet: “Il Premio Nobel per la Letteratura assegnato a Bob Dylan!”.
E’ ormai prassi consolidata che a molti cantautori venga attribuito il termine Poeta e a molte canzoni riconosciute doti letterarie fin troppo elevate; sarà pur vero che la musica è un’arte e quindi qualsiasi verso, ciascuna parola possono far scaturire qualcosa di profondo, far innamorare, far pensare, riuscendo a toccare sfere intime o ultraterrene, ma è fuori di dubbio l’abuso di epiteti dati negli anni a questo o quel cantante. Quale autore non ha scritto almeno una canzone o qualche verso in grado di commuoverci, di scuoterci? Ma non credo basti ciò per poter scomodare l’arte della poesia. Quello che però ha fatto Bob Dylan nella sua carriera credo sia unico e inarrivabile e forse rappresenta una delle eccezioni alla tesi precedente.
Ai tempi delle scuole medie ricordo di aver trovato su un’antologia il testo di Blowin’ in the wind e mi sembrò molto strano che una canzone potesse trovar posto su un libro di scuola. Cinque-sei anni dopo, per la prima volta un collega di Università mi prestò una musicassetta con una raccolta di brani di Bob Dylan; ai primi ascolti mi concentrai, come spesso faccio, sull’aspetto musicale, ma dopo un po’ iniziai ad essere impressionato dal significato dei testi. Di lì a poco acquistai un libro che raccoglieva le canzoni dell’artista e iniziai a capire quanto fossero incisivi, di rottura, sempre pronti a sostenere le cause più difficili, a sollevare le problematiche legate agli sfruttamenti dei deboli, alle guerre, alle lotte di potere, alla sopravvivenza, alla ricerca di una spiritualità interiore.
La scelta dello stile folk-blues, in piena era rock’n’roll, abbinata ad una voce particolare, graffiante, penetrante e ad accompagnamenti fatti, soprattutto all’inizio, di chitarra e armonica furono il mix esplosivo preparato da quel ragazzo del Minnesota che nei primi Anni Sessanta iniziò a farsi strada sulla scena musicale per cercare di cambiarne il corso. Dalla comparsa di Dylan nulla è stato come prima: l’impegno politico degli artisti si è acceso definitivamente, qua e là sono comparsi riadattamenti di sue canzoni (si pensi in Italia alla bellissima “Avventura a Durango” di De André), il suo stile ha iniziato ad essere imitato in tutto il mondo (e sempre per voler rimanere nella nostra penisola, pensiamo a quale influsso abbia esercitato il cantautore americano sui vari Guccini, De Gregori, Bennato, e molti altri); ricordiamo, poi, che molti dei più grandi interpreti internazionali hanno voluto collaborare almeno una volta con il Maestro: dai Grateful Dead a Joan Baez, da Santana a Marc Knopfler, da Paul Simon a Eric Clapton, da Bruce Springsteen a Neil Young, e così via.
Ma tornando al valore dei testi, all’importanza delle parole, Bob Dylan non è stato mai scontato, ma sempre pronto ad esprimere una voce fuori dal coro; è stato un simbolo della controcultura e oltre ad essere un riferimento per centinaia di artisti musicali, ha fatto riflettere politici (pensiamo ai testi apocalittici e di condanna comparsi in concomitanza con i drammatici eventi dei Missili USA puntati su Cuba) e ha influenzato grandi personalità (si pensi a quanto Steve Jobs fosse devoto alla figura di Dylan, citandolo nei suoi meeting, nelle fasi più delicate delle progettazioni dei suoi prodotti di successo, negli eventi di gala). Come non evidenziare, poi, la sua confusa e ossessiva ricerca di un Dio, di un’entità superiore, facendo trasparire sempre le giuste dosi di paura, timore e scetticismo.
Dal punto di vista musicale, poi, si è reinventato più volte, attirandosi spesso le ire dei fans, riuscendo però a cavalcare da protagonista la scena musicale da ormai più di 50 anni.
Nel 1998 lo vidi suonare a Roma e nel fare la fila per entrare capii quante generazioni fossero state coinvolte dall’arte di Bob Dylan.
Forse non riuscirà mai a vincere un Nobel per la Letteratura, forse morirà senza essere riuscito a cambiare il mondo, ma con i suoi versi credo possa essere orgoglioso di esserci andato molto vicino.