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Il sito di Luca Di Nunzio

Il Nobel per l’Economia si tinge di verde

Posted on 8 Ottobre 2018

Nel giorno in cui  la Commissione dell’ONU sul cambiamento climatico pubblica  uno studio non proprio roseo sul mantenimento del riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali, l’Accademia reale svedese delle scienze  assegna il Premio Nobel per l’Economia a William Nordhaus e Paul Romer, per i loro studi sull’integrazione tra studi sui cambiamenti climatici, innovazione tecnologica e analisi macroeconomica.

La mia attenzione – lo ammetto – è stata catturata dalla figura di Nordhaus, professore a Yale,  noto per il suo lavoro sui modelli di cambiamento climatico e fautore della cosiddetta “contabilità verde”, sin dai primi anni Settanta. Era infatti il 1972 quando, insieme a Tobin, sollevò  la questione chiave della sostenibilità, cercando di delineare un metodo su come misurare il degrado ambientale in correlazione con la crescita economica.  Gran parte del lavoro di Nordhaus  è andato a confluire all’interno di potenti software e fogli di calcolo, tanto che la maggior parte degli economisti dediti agli studi sui cambiamenti climatici potrebbero anche non aver mai letto un libro del neo Premio Nobel, ma quotidianamente utilizzano i dati che vengono fuori dai modelli matematico-informatici basati sul suo lavoro e sui suoi studi.

Mentre scrivo questo post, il TG1 sta mandando in onda il servizio sugli esiti della Conferenza tenutasi in Corea del Sud in questi giorni: lo studio, frutto del lavoro di due anni di oltre novanta ricercatori, porta a conclusioni dirette inesorabilmente verso la necessità di ridurre la quantità di gas serra di origine umana nell’atmosfera, attraverso il taglio delle emissioni (passaggio a energie rinnovabili e veicoli elettrici, efficienza energetica, riciclo dei rifiuti, riduzione del consumo di carne) e/o attraverso la rimozione di anidride carbonica, soprattutto per mezzo della riforestazione.

I buoni propositi sul fronte ambientale, però, non si traducono spesso in azioni mirate e concrete: basti pensare alla grande speranza riposta nella conferenza di Parigi di tre anni fa (v. il Post dell’epoca dal titolo “La natura non può più aspettare”), quando i grandi del mondo, in primis Obama, concordarono azioni decise ed incisive per affrontare una volta per tutte il problema delle riduzioni delle emissioni, ma che, con l’insediamento dell’ultimo inquilino della Casa Bianca, è andata sgonfiandosi a poco a poco. Lo stesso Trump, liquidò tutto con un terribile tweet, l’anno scorso, durante le giornate americane di freddo polare: “La costa est degli Stati Uniti è investita da un’ondata di gelo e per la vigilia di Capodanno sono attese temperature polari. Potremmo usare un po’ di quel buon vecchio Riscaldamento Globale che il nostro Paese, e non altri, stanno pagando trilioni di dollari per proteggerci. Coprirsi bene!”.

Sicuramente il giusto compromesso tra benessere e rispetto dell’ambiente rappresenta uno dei principali dilemmi della vita di ognuno di noi, quotidianamente alle prese con decisioni a volte poco coerenti con uno spirito ambientalista presente al nostro interno a targhe alterne. Io stesso scrivo, canto e sostengo tematiche ambientali, ma non sempre riesco a rinunciare alla mia dose quotidiana di inquinamento, sotto tutte le forme (atmosferico, del suolo, acustico, elettro-magnetico, idrico…)

I segnali che però arrivano dall’alto, dalle Istituzioni, di ogni ordine e grado, dalle aziende, sono spesso significativi, piccoli o grandi che siano: una scuola che propone per gli esami di maturità una traccia dedicata al poeta Caproni e ai suoi “Versicoli quasi ecologici”, la sensibilizzazione dell’Europa (e quindi del MIUR) sulla SOSTENIBILITA’, quale cardine delle “Competenze di imprenditorialità”, un Papa che costantemente da’ continuità a quanto asserito nella celeberrima Enciclica Laudato Si’,  la FCA che proprio in queste ore annuncia un investimento di 200 milioni per il debutto, nel 2020, del modello Renegade  “ibrida ricaricabile”, il Nobel per l’Economia incentrato sulla sostenibilità…insomma, non tutto è perduto.

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1 thought on “Il Nobel per l’Economia si tinge di verde”

  1. Humilis Psalmista ha detto:
    18 Novembre 2018 alle 23:27

    penso che più o meno in questo ambito si stis svolgendo il master che tua cugina fa con l’università di zurigo. A proposito; il risultato del primo compito è stato 5,5 su 6. buon lavoro a te.

    Rispondi

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