Con la discussione di stamattina di fronte alla Commissione esaminatrice dell’Istituto Galiani-De Sterlich di Chieti si è chiuso il mio primo anno d’esperienza nel mondo della Scuola Pubblica.
Un anno in cui ho capito che la scuola sta cambiando – e deve cambiare! – perché le nuove generazioni sono cambiate; la scuola italiana sta iniziando un lento percorso di avvicinamento ai modelli di riferimento internazionali e ritengo tutto ciò un bene, senza però dimenticare le qualità storiche e ben radicate del nostro sistema di istruzione.
Un anno in cui ho potuto constatare che tante dinamiche “benigne”, tipiche del mondo aziendale, trasportate con dovuti accorgimenti nella Scuola Pubblica, possono servire a far spiccare il volo al nostro sistema di istruzione.
Un anno in cui ho capito l’importanza della centralità dello studente, che non va valutato solo sulla materia, ma che va “coltivato”, supportato, guidato, interessato, affinché nella vita possa diventare “competente”, ossia in grado di risolvere il numero maggiore di problemi che gli si presenteranno: la didattica per competenze non va a sostituire le conoscenze, ma le rafforza, le solidifica!
Un anno in cui ho capito l’importanza della formazione (che auspico possa essere continua!), su diversi fronti, dall’innovazione digitale ai bisogni educativi speciali, dalla didattica all’alternanza scuola-lavoro, capitolo, quest’ultimo, su cui l’Italia ha deciso di investire e in cui dobbiamo riporre la massima fiducia per le sorti delle nuove generazioni.
Un anno in cui ho capito che il “team work” è quanto mai cruciale anche all’interno della scuola, sia tra noi docenti, sia tra alunni e che l’esperienza laboratoriale può essere uno dei cardini dell’attività didattica, non sostituendo – è chiaro – la lezione frontale, ma affiancandola, costruendoci un “mondo intorno”: partire da una problematica reale (etica, sociale, economica, giuridica, etc.) per poi sviscerarla in classe, grazie anche all’ausilio delle nuove tecnologie (la rete in generale, youtube o siti dedicati, nello specifico), e ricondurla all’alveo disciplinare è uno dei metodi più indicati per avvicinare gli studenti alle tematiche di cittadinanza attiva, ancorando le stesse ai contenuti disciplinari.
Un anno in cui ho capito a fondo l’importanza di diversi concetti, tra i quali inclusione, orientamento, rete, contrasto alla dispersione…e ho potuto toccare con mano la passione con cui tante persone lavorano per contribuire al funzionamento e al miglioramento della Scuola, andando ben oltre le ore di lezione e gli impegni collegiali.
Un anno, infine, in cui ho capito l’importanza del valore umano, degli alunni, del mio tutor, dei docenti, del dirigente e di tutto il personale. Il confronto è stato uno dei momenti più alti e nobili, perché dallo stesso scaturisce sempre un doppio arricchimento, che poi, nelle sedi collegiali, può diventare “positivamente virale”, producendo un risultato tipico della logica sistemica, dove il valore risultante dall’azione sinergica di più parti è di gran lunga superiore alla mera sommatoria dei singoli contributi.
Un anno in cui ho capito che ogni singola persona nella scuola può e dovrà uscire arricchita; può e dovrà arricchire.
Un piccolo aneddoto finale, che ho sempre portato e sempre porterò con me: quasi 30 anni fa, tornando in paese mio zio, docente in Emilia Romagna, mi chiese: “Beh, come va questo primo anno di scuola media?” e io risposi: “ Bene, i professori dicono di trovarsi bene con noi…”. Fui bonariamente aggredito da mio zio, il quale ribatté: “Voi alunni dovete trovarvi bene con i professori non il contrario…”.