Nell’ambito del dibattito sulla riforma del sistema di welfare del nostro Paese, credo sia giusto sottolineare l’importanza di interventi capaci di stimolare una crescita economica equilibrata e rispettosa dei valori fondanti della comunità e, nello stesso tempo, adeguati nelle risposte ai molteplici bisogni dei cittadini ed alle loro aspettative in termini di qualità della vita. Da più parti è valutato positivamente il contributo che l’economia civile, e in particolare il terzo settore, da’ sia ai sistemi di welfare, sia allo sviluppo economico nel suo complesso, a fianco del settore pubblico e dell’economia di mercato. Il cosiddetto terzo settore, o”non profit”, eroga servizi che promuovono lo sviluppo dell’individuo e migliorano la qualità della vita quotidiana e negli anni credo sia divenuto l’attore economico-sociale che meglio ha saputo sviluppare sia l’idea di servizio che l’accettabilità sociale dello stesso da parte della comunità.
Nella maggior parte delle nazioni industrializzate si sta assistendo ad una notevole crescita di iniziative socio-economiche che non rientrano né (nel senso più restrittivo del termine) nel settore privato, dove viene data priorità alle attività a scopo di lucro, né in quello pubblico. Sia il mondo politico che quello della ricerca guardano con particolare interesse a tale mondo, formato da associazioni e cooperative con forme giuridiche differenti. Il non profit, oltre a giocare un ruolo importante nel tentativo di fronteggiare la crisi occupazionale, è anche un forte deterrente contro la povertà, considerato che la tendenza alla riduzione dei servizi e delle prestazioni di utilità sociale hanno avuto pesanti ripercussioni sulle fasce meno abbienti della popolazione, un dato costante di tutte le economie capitaliste. Le stesse proposte di privatizzazione dei servizi di welfare sono la conseguenza delle difficoltà incontrate nelle diverse economie a mantenere e ad espandere il ruolo dello Stato e degli enti locali. Molti servizi pubblici, offerti gratuitamente o a prezzi inferiori ai costi per permettere la soddisfazione dei bisogni fondamentali e le pari opportunità tra cittadini, sono stati di fatto utilizzati prevalentemente dalle classi sociali con redditi medio-alti, le uniche a disporre di informazioni o mezzi necessari a superare gli ostacoli all’accesso a molti di questi servizi; ne è conseguito un processo di delegittimazione dell’intero sistema dei servizi di welfare a cui si è cercato di rispondere, nei vari Paesi, con intensità e modalità diverse: a fronte dell’emergere di bisogni che il sistema pubblico di welfare non riusciva a soddisfare, gruppi di consumatori (vedi il caso degli asili nido svedesi), o di volontari (come nel caso delle comunità terapeutiche italiane o delle iniziative di inserimento lavorativo dei portatori di handicap e dei lavoratori svantaggiati, in Italia, Francia e Belgio), o di rappresentanti delle comunità locali (come nel caso delle business communities inglesi) hanno dato vita a unità di offerta di servizi autonome dalla pubblica amministrazione. In genere queste iniziative hanno assunto, compatibilmente con le diverse legislazioni nazionali, lo status di organizzazioni/aziende non-profit o di organizzazioni associative (associazioni e cooperative). Le aziende non profit si sono sviluppate in diversi settori dell’economia, ma in particolare rivestono un ruolo importante nella produzione di servizi di interesse collettivo, cioè in settori quali l’assistenza sociale, l’educazione, la ricerca, la sanità e la cultura . L’attività non profit si caratterizza, a monte di tutte le ulteriori considerazioni, per essere la conseguenza di un interesse “altruistico” di utilità sociale. E’ il bisogno di promozione per la società in cui si vive che fa attivare uno o più soggetti, i quali propongono direttamente la soddisfazione di quel bisogno e, dunque, mirano alla diretta produzione dell’utilità sociale. La caratteristica tipica dell’organizzazione non profit è, allora, quella di essere direzionata prioritariamente alla realizzazione di finalità di utilità sociale; tutti gli altri aspetti, ed in particolare quelli legati alla produzione di risultati economici positivi, non possono, perciò, mai prescindere da essa. Il terzo settore nel nostro Paese, anche se tardivamente e con più fatica rispetto agli altri Paesi occidentali, ha assunto negli anni i connotati di un sistema di imprese ed associazioni varie, le cui potenzialità sono espresse dalla singolare capacità di armonizzare la riforma dei sistemi di welfare con le politiche dell’occupazione, attraverso una più attenta risposta ai bisogni sociali dei cittadini. L’importanza strategica di un adeguato sviluppo delle organizzazioni non profit è determinata dal fatto che esse si pongono come naturale cerniera rispetto a molti fenomeni di esclusione e marginalità sociale. Non solo in Italia, ma anche in altri Paesi, tende sempre più ad affermarsi una forma di partnership operativa tra Stato e organizzazioni non profit, in base alla quale le funzioni di finanziamento restano a carico dell’operatore pubblico, mentre per quelle di produzione dei servizi si fa sempre più ricorso a operatori privati senza fine di lucro. Ad esempio In Italia da oltre 30 anni le cooperative sociali stanno contribuendo in modo significativo alla trasformazione del sistema di sicurezza sociale italiano, da uno di tipo distributivo, fortemente basato su trasferimenti monetari, a uno più orientato ai servizi, migliorando così la capacità di venire incontro ai reali bisogni delle categorie sociali svantaggiate . Le cooperative sociali in Italia sono principalmente impegnate sia nell’erogazione di servizi socio-sanitari ed educativi, sia nell’inserimento di persone svantaggiate nel mondo del lavoro; con il loro operato hanno contribuito anche a creare una presa di coscienza a livello politico per quanto riguarda i problemi collegati con l’emarginazione sociale. Le cooperative sociali sono quelle aziende “non profit” che, più di tutte le altre, si esprimono con un agire imprenditoriale finalizzato al perseguimento di una assunta responsabilità sociale, mediante la produzione e la distribuzione di beni e/o servizi ad alta qualità relazionale e/o volti a soddisfare bisogni meritori, ottenendo quindi esiti, anche e volutamente , solidaristici . La scommessa del movimento della cooperazione sociale ipotizza la coesistenza, anzi la sinergia, tra obiettivi economici e di responsabilità sociale, realizzando un equilibrio fecondo e non una mutua sterilità dei due aspetti. Chiudo ringraziando la Professoressa Michela Venditti che, ai tempi dell’Università, riuscì a farmi appassionare a tali argomenti, trattando con meticolosità i temi cooperativistici e del terzo settore, evidenziando sempre l’importanza del raggiungimento del giusto mix tra finalità mutualistica e sociale e mantenimento degli equilibri economico-aziendali.